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JobNella tarda serata di ieri la Direzione nazionale del PD ha approvato l'ordine del giorno sulla riforma del lavoro del governo Renzi con 130 voti a favore, 11 astenuti e 20 contrari, tra i quali quelli di Bersani, di D'Alema e di Civati.

Matteo Renzi ha aperto i lavori della direzione con un discorso di 44 minuti, tentando una possibile mediazione sulla spinosa questione dell'articolo 18 e della riforma del lavoro: mediazione sia interna alle componenti del partito - con la proposta di lasciare in vita il reintegro in caso di licenziamento discriminatorio e anche disciplinare, non contemplato finora - sia nei riguardi delle parti sociali, dichiarandosi disposto ad aprire un tavolo di confronto con i sindacati a Palazzo Chigi.

Il documento votato contiene l'impegno a sostenere il governo nella messa in campo di "strumenti" per la realizzazione di una rete più estesa di ammortizzatori sociali ai precari, una riduzione delle forme contrattuali a partire dai Co.co.pro, favorendo il contratto di lavoro a tutele crescenti, la organizzazione di nuovi servizi per l'impiego e la previsione di una disciplina per i licenziamenti economici che sostituisca il procedimento giudiziario con indennizzo e non col reintegro, salvo per il caso del licenziamento discriminatorio e per quello disciplinare.

Nella discussione che ha preceduto la votazione sono intervenuti a parlare, tra gli altri, D’Alema, Bersani, Civati e Il Ministro del Lavoro Poletti.

Massimo D’Alema, nel corso del suo intervento, ha dichiarato che "la pura eliminazione del reintegro sarebbe l'applicazione in Italia del modello spagnolo. Nemmeno in Gran Bretagna, dove son passati Margaret Thatcher e Tony Blair, si è arrivati a tanto. Non vedo perché dobbiamo porci al di fuori del consorzio civile, facendo passare questa per una grande riforma. Ci vuole grande fantasia, consiglierei molta prudenza".

"Sull'orlo del baratro ci andiamo non per l'articolo 18, ma per il metodo Boffo” ha invece dichiarato Pierluigi Bersani “Voglio poter discutere prima del 'prendere o lasciare'. C’è bisogno di qualità e produttività: il nostro guaio è che non abbiamo qualità perché abbiamo troppa dispersione, troppa precarietà. Noi invece, con la riforma del lavoro, aumentiamo la frammentazione invece di diminuirla".

In difesa delle scelte del Governo è intervenuto invece il ministro del lavoro Giuliano Poletti, soffermandosi sugli effetti economici della riforma: "Abbiamo una crisi di imprenditorialità nel nostro Paese. Dobbiamo costruire un ambiente prima culturale e poi economico per ridurre il rischi agli imprenditori. Dobbiamo costruire una condizione di certezza sulla base della quale un imprenditore sa cosa fare. Come può essere accaduto che in questo Paese abbiamo un sistema di politiche fatto esclusivamente di trasferimenti monetari e mai un cavolo di servizio? Ogni volta che serve qualcosa diamo dei soldi. Ma ora non ce la facciamo piu' perché ci vogliono risorse. E non possiamo mettere altre tasse". Poletti ha poi invitato "a non farsi sconti. Mi dicono 'Poletti ma ci vuole del tempo'. Ma io lo dicevo quindici anni fa. Se iniziavamo allora.. E in ogni caso cominciamo ora, così tra quindici anni la mia nipotina avrà il sistema che ha pensato il nonno".

Pippo Civati – che all’ingresso del Nazareno ha dichiarato che la Direzione che stava per cominciare poteva essere la sua ultima riunione - ha invece spiegato i motivi del suo voto contrario affermando di non condividere i toni e le modalità della discussione “condotta per una settimana sui media con toni da destra e da destra non a caso apprezzatissimi” segnalando come non vi fosse “nessuna chiarezza sui testi normativi, nessuna definizione circa la riduzione reale dei contratti, nessun impegno sulle cose di cui la legge delega non parla, nessuna lettura degli emendamenti proposti da 40 senatori, nessun chiarimento sui rilievi di costituzionalità avanzati, nessun cenno alla questione della formazione posta in molti interventi, nessuna precisione nell’indicare le coperture nella legge di stabilità che forse è la cosa più importante.

Prima della votazione finale ha ripreso la parola Matteo Renzi dichiarando: "Trovo che discussioni come quella di oggi siano discussioni belle, anche quando non siamo d'accordo. Trovo che questo sia per me un partito politico, un luogo in cui si discute. Poi, mi piace pensare che in Parlamento si voti tutti allo stesso modo. E' stata questa la stella polare quando ero opposizione nel partito, lo è a maggior ragione oggi".

"Esprimo tutta la mia solidarietà a Pierluigi (Bersani, ndr) se qualcuno ha usato con lui il metodo Boffo. Io al massimo ho usato un metodo buffo, magari a volte discutibile".

Fallito dunque il tentativo di giungere a un documento unitario si è passati alla votazione sulla quale anche la minoranza si è divisa, con Roberto Speranza che annunciava l'astensione di una parte di Area riformista, mentre l'altra parte sceglieva il voto contrario. 

Video intervento di Matteo Renzi

Video intervento di Massimo D'Alema

Video intervento di Pierluigi Bersani

Video dell'intervento di Giuliano Poletti

Video intervento Pippo Civati