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cherubina bertolaLa campagna elettorale si è chiusa con queste belle parole di Cherubina Bertola. Ora è già tempo di analisi e giudizi. Ma è bene, forse, ripartire da qui. Dal discorso di chiusura di Cherubina Bertola. Eccolo.

Vogliamo essere un Paese dei diritti:

  • allora vogliamo continuare a lavorare per la legalità e contro la corruzione e le mafie
  • allora vogliamo ridare ai poveri la dignita’ di un lavoro e non la pietà di un sussidio e di un’assistenza
  • allora vogliamo riconoscere a tutti il diritto di scegliere di morire senza dolori ed umiliazioni insostenibili, anche se magari, personalmente pensiamo, da sani, di essere pronti a sopportare di tutto pur di morire “naturalmente”. 

Vogliamo essere un Paese della famiglia e delle famiglie:

  • allora non possiamo parlare di mogli e di amanti come se fossero la stessa cosa
  • allora non ci rassegniamo a chi riduce le donne a una “cosa” degli uomini
  • allora non vogliamo che le nostre figlie debbano tornare in piazza a gridare Basta e Se non ora Quando?

Vogliamo essere un Paese civile:

  • allora non riusciamo a non rispettare e a non applicare il diritto internazionale e le Convenzioni sottoscritte da tutti i Paesi Civili
  • allora non riusciamo a non lavorare per allargare i diritti e non a restringerli, come se le limitazioni dei diritti fossero garanzia di maggior sicurezza

Vogliamo essere un Paese che riconosce la sua storia e che non rinnega la matrice cristiana:

  • allora non riusciamo a non applicare il paradigma degli ultimi che saranno i primi, sempre, nei nostri pensieri, nei progetti, nelle politiche

Vogliamo essere un Paese che torna a crescere con il lavoro:

  • allora non possiamo rimetterci in mano a chi ci ha portato a un passo dal baratro economico
  • allora non riusciamo a rinunciare all’idea che occorre lavorare ancora per creare più accesso al lavoro e più diritto al lavoro di qualità, cioè stabile e garantito

Il Centro Sinistra ha dimostrato di essere capace di raccogliere i cocci di un Centro destra populista (quando i ristoranti erano pieni e la crisi non c’era), protezionista (tornano i dazi, Euro sì Euro no, meno Europa), razzista (prima noi, prima i nostri), che ha mortificato la scuola e la cultura (perché con la cultura non si mangia e perché alla scuola buona ha diritto solo chi paga…), che ha affrontato un terremoto come l’occasione per fare le “nuove città” ora già decrepite e condannate all’anonimato di chi le abita e di un territorio che rischia di non trovare più la sua anima.

Non mandiamolo sbrigativamente a casa il Centro sinistra, solo perché uno vale uno, perché i politici sono tutti uguali. Sapete perché? Perché c’è chi non è uguale, è peggio; perché c’è chi vale uno ma è capace di niente; perché c’è chi osanna all’onestà e lascia che i suoi si comportino da disonesti.

Non cancelliamo i passi avanti fatti dal nostro Paese (e non solo dal Governo) in questi cinque anni, perché sono stati passi avanti per tanti, che solo noi possiamo far diventare passi avanti per TUTTI.

Perché il nome Partito ce l’abbiamo solo noi, e non è accompagnato dalle parole Azienda, Movimento, Formazione e quant’altro.

E non solo siamo l’unico Partito ma abbiamo anche l’orgoglio di continuare a chiamarci DEMOCRATICI, che è di più di Liberi, di Popolo, di Famiglia, di Uguali, di Pensionati, di Donne, etc.

E’ tutto questo ma molto di più.

E siamo l’unico partito ad avere i colori della nostra bandiera, dell’Italia, un Paese fatto di storia, di cultura, di lavoro, di agricoltura, di solidarietà, di innovazione, di diversità, di genio, di bellezza.

Ma soprattutto una repubblica libera, nata dai sacrifici di tantissimi che hanno creduto alla libertà ed alla democrazia per un’Italia per sempre liberata e libera dal fascismo, in un’Europa che ha vissuto e sofferto le guerre e oggi vuole per noi, per i nostri figli e per il futuro solo la coesione e la PACE.

giorgio guslandi
Ho votato PD ma non mi sento sconfitto,ma piuttosto guardo dall'alto le persone che per il potere hanno descritto la situazione italiana in maniera non sincera.

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