vaccinicoivid19Il primo piano del Governo (dicembre 2020) prevedeva due criteri cardine per definire quattro fasi di vaccinazione (figura 1):

  • l’esposizione al virus, ossia ciò che ha portato a vaccinare per primi medici, infermieri e personale sanitario,
  • rischio personale, ossia ciò che ha portato a mettere in prima fascia gli ospiti delle RSA e gli over 80.

Il criterio del rischio personale può essere facilmente, in prima approssimazione, essere declinato in base all’età (figura 2).

Sotto i vent’anni il rischio sembra estremamente basso, fino ai 40 anni il rischio è basso. Alla soglia dei 50 il rischio comincia ad alzarsi per esplodere dopo i 70.

Qualcosa sta andando storto.

Le percentuali dei vaccinati per fasce di età non sono crescenti con l’età come ci aspetteremmo (figura 3). In particolare la fascia dei settantenni è molto meno coperta delle fasce di età più giovani.

Prima ancora di aver completato la prima fase, il criterio del rischio personale è stato sovvertito in una deriva corporativistica. È giusto individuare i lavoratori dei servizi essenziali come prioritari rispetto ad altre categorie, ma questa priorità non può portare a vaccinare tutti i membri di una certa categoria senza riguardo per l’età.

È eticamente scorretto che un professore trentenne, un militare ventenne, un avvocato quarantenne, vengano vaccinati prima di qualsiasi cittadino sessantenne.

Anche sulla individuazione delle fasce a rischio sono stati fatti degli strafalcioni.

Come è possibile considerare un professore universitario maggiormente a rischio rispetto al personale che lavora in un asilo nido?

Come è possibile considerare un avvocato maggiormente a rischio rispetto a chi lavora alla cassa di un supermercato?

Lo dico con tutto il rispetto per tutte le categorie citate così come per quelle che non ho citato. Sono solo esempi per spiegare il punto.

Il grafico dei vaccini somministrati per fasce di età si doveva sovrapporre al triste grafico della letalità per fasce di età.

È avvilente vedere utilizzate le prime fiale AstraZeneca, autorizzate per gli under 65, non solo nella fascia 50-65 ma anche nella fascia 16-49, e non solo per i casi delle figure fragili con comorbidità o situazioni simili accertate.

Ristabiliamo un ordine che discenda dai criteri oggettivamente ed eticamente corretti, come era alla base del primo piano.

È vero che la “velocità” di somministrazione sia un valore in sé, non dobbiamo ritardare eccessivamente la distribuzione per accertarci di aver definito l’ordine “perfetto” di vaccinazione, ma non dobbiamo neanche nasconderci dietro la “velocità” per giustificare la distrazione di una risorsa così preziosa da chi ne ha più bisogno. Altrimenti avremo sulla coscienza troppi altri morti.

Figura 1: definizione delle quattro fasi del piano vaccinale

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Fonte: Il vaccino anti covid in Italia in tempo reale | Il Sole 24 ORE – aggiornamento del 7 marzo

Figura 3. Tasso di Letalità per Fasce di Età

Coronavirus in Italia, i dati e la mappa (ilsole24ore.com) – grafici relativi ad aggiornamento del 7 marzo

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Figura 3: Vaccinati per fasce di Età

Commento: Le fasce 30-39, 40-49 hanno sostanzialmente la stessa copertura % della fascia 60-69, e maggiore della fascia 70-79!

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Sulla gestione dell’approvvigionamento dei vaccini nell’Unione Europea.

Al 7 di marzo, negli Stati Uniti sono state somministrate più di 90 milioni di dosi di vaccino. In Cina 52 milioni (dato di fine febbraio), nell’Unione Europea complessivamente più di 40 milioni, nel Regno Unito 23 milioni, in India 21 milioni.

Questi sono i primi cinque Paesi o entità sovranazionali in ordine di numero di dosi somministrate.

Seguono Brasile, Turchia e Israele, poi Russia e Emirati Arabi. Nell’elenco nelle prime quindici posizioni figurano anche Germania, Italia e Francia, già però catalogate complessivamente nel dato dell’Unione Europea.

È evidente che le dosi assolute somministrate sono poco indicative della progressione della campagna vaccinale. Paesi piccoli come Israele ed Emirati Arabi sono quindi molto più avanti di paesi enormi come Cina e India.

Il Regno Unito, con circa due terzi delle dosi dell’intera unione Europea, è indubbiamente più avanti del resto del vecchio continente.

Se consideriamo le dosi in rapporto al numero degli abitanti, trascurando i paesi piccolissimi, la classifica cambia e troviamo appunto: Israele (che ha quasi finito), il Regno Unito che è al 32% (ma deve somministrare in molti casi la seconda dose), gli Stati Uniti al 25%. Il dato dell’Italia, poco più dell’8% è allineato alla media dell’Unione Europea, al dato della Germania e poco superiore a quello della Francia (dati del 4 marzo)

Questi numeri hanno innescato una fortissima polemica sul presunto ennesimo fallimento dell’Unione Europea.

Non sono d’accordo con questa affermazione, proverò di seguito a spiegarne i motivi.

È evidente che sia più facile organizzare la vaccinazione di 10 milioni di persone rispetto a quella di 100 milioni di persone. È evidente che sia molto più facile rifornirsi di 50 milioni di dosi rispetto a procurare un miliardo di dosi. In una emergenza in cui tutto il mondo cerca di assicurarsi una risorsa scarsa, spregiudicatezza ed egoismo pagano più che solidarietà e diritto.

Cosa potrà decidere di fare un produttore che si sia impegnato per consegnare ad esempio 100 milioni di dosi ad un committente ad un prezzo unitario di 10, nel momento in cui si rendesse conto di riuscirne a consegnare solo ottanta milioni e contemporaneamente riceva una offerta per comprare - esempio - un milione di dosi ad un prezzo unitario di 50?

È probabile che - sapendo di dover in ogni caso pagare delle penali per non aver raggiunto la commessa stabilita - finirà per consegnarne 79 al primo committente e darà il milione rimasto a chi gli offre 50.

Chi ha la responsabilità per queste pratiche? Non credo abbia senso però sostenere che l’Unione Europea si sia fatta fregare e “abbia tirato sul prezzo”, o che avremmo dovuto offrire 50 anche noi o mettere delle penali stratosferiche. Non ci servono soldi dalle penali, ci servono i vaccini. Il problema non è il prezzo, ma la capacità produttiva. Se essa è insufficiente, non sarà offrire 50, 100 o 1000 a dose che, nell’esempio di prima, farà apparire dal nulla i 20 milioni che mancano. È anche evidente che si possa permettere di offrire 50 a dose chi ha bisogno solo di qualche milione di dosi, non chi ne cerca un miliardo.

L’Unione Europea, con quasi mezzo miliardo di cittadini, più di Stati Uniti e Russia, ha deciso di procedere come un unico paese e di distribuire le dosi in proporzione agli abitanti. Credo che se la Germania, o la Francia, avessero cercato di sfruttare il proprio peso economico e politico per accaparrarsi più dosi rispetto a paesi molto più piccoli o più poveri dell’est Europa, ora starebbero contendendo al Regno Unito il “primato” europeo nella campagna vaccinale.

Avremmo voluto questo?

Quando diciamo che l’Unione Europea ha sbagliato tutto, dobbiamo essere oggettivi e valutare quanto è stato fatto secondo le informazioni disponibili nel momento in cui sono state prese le decisioni.

L’Unione Europea non sapeva a priori quale vaccino avrebbe funzionato ed ha acquistato una montagna di dosi di tutti i vaccini in corso di realizzazione. Non ha derogato sui criteri di approvazione ed ha seguito le indicazioni dei test clinici sulla somministrazione delle due dosi.

Il Regno Unito, che fino a quel momento aveva sbagliato molto nella strategia di contrasto al virus, ha giocato una scommessa azzardata ma vincente, mettendo tutte le fiches sui primi vaccini disponibili, derogando sui criteri di autorizzazione per ottenere un vantaggio temporale, e puntando alla strategia della singola dose. Hanno rischiato e hanno vinto. Buon per loro. Ora possiamo valutare, a fronte di un gigantesco trial clinico fatto sul campo da loro, di copiare o no la strategia della singola dose.

Quando diciamo che l’Unione Europea ha sbagliato tutto, chiediamoci se ci saremmo fatti iniettare, o avremmo fatto iniettare ai nostri genitori o parenti, un vaccino autorizzato senza analisi approfondite ripetute indipendentemente da più organismi autonomi, oppure senza rispettare le indicazioni di dosaggio prescritte dal fornitore.

L’Unione Europea ha sicuramente compiuto molti errori ed è lontana dalla perfezione, però evitiamo di sparare a zero su noi stessi quando, in condizioni difficili, prendiamo delle decisioni logiche e razionali, che non sempre – senza il famoso senno di poi – possono rivelarsi le migliori.

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Fonti: Il vaccino anti covid in Italia in tempo reale | Il Sole 24 ORE – aggiornamento del 7 marzo

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