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anello debole

In occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà, Caritas Italiana ha presentato, lunedì 17 ottobre ore 10.30-12.30 a Roma – Sala Stampa Estera e in diretta streaming, il suo 21° Rapporto su povertà ed esclusione sociale dal titolo “L’anello debole”.

Sia il Rapporto che i link ai principali interventi sono disponibili a questo link.

Si tratta di un documento di grandissimo valore e di grandissimo interesse per noi che siamo appassionati di politica! Infatti il documento non si limita alla fotografia dei dati sulla povertà ma analizza in modo critico le principali misure in atto per il contrasto alla povertà, partendo ovviamente dal Reddito di Cittadinanza (RdC).

Partiamo dai dati sulla povertà. Ecco il trend negli anni

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Nel 2021 i poveri assoluti sono 5.571.000, in numero stabile rispetto al 2020.

Interessante lo spaccato per aree geografiche e per famiglie vs persone

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Le famiglie e le persone povere sono, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, di più al Nord: 42,6% e 40,5% rispettivamente rispetto al 15,3% e 15,5% al Centro e 42,2% e 44,1% al Sud.

Questo lo spaccato per classi di età

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E per presenza di almeno uno straniero nel nucleo familiare

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Infine la presenza dei cosiddetti lavoratori poveri (“In-work poverty”)

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Per quanto invece l’analisi degli strumenti in essere, ecco quanto riportato nel Capitolo 5 sul Reddito di Cittadinanza RdC:

“La misura di contrasto alla povertà esistente nel nostro Paese, il RdC, da quando è stata introdotta è stata percepita da 4,7 milioni di persone e tuttavia, per come è disegnata, raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%). Questo non vuol dire che la misura vada a persone che non ne hanno diritto: chi la riceve risponde ai requisiti previsti che però individuano una platea di beneficiari che, oltre ai poveri assoluti, si estende anche a persone in povertà relativa. Il punto è che con i criteri attuali (soglie di accesso per livelli di reddito e patrimonio e anni di residenza in Italia) viene esclusa una quota consistente di poveri assoluti, composta soprattutto dagli stranieri, dalle famiglie numerose e dai poveri residenti al Nord: il RdC attuale è infatti percepito nell’89,0%4 dei casi da cittadini comunitari, ma l’incidenza di povertà assoluta fra gli stranieri è quattro volte superiore rispetto a quella degli italiani; il 41,0% dei nuclei percettori di RdC è composto da una sola persona, mentre l’incidenza di povertà assoluta è più alta tra le famiglie con un elevato numero di componenti; il 70,0% dei percettori di RdC vive al Sud, nonostante il fatto che il 42,6% delle famiglie povere risieda al Nord (e il 42,2% nel Mezzogiorno), e questo perché le regole e gli importi della misura sono unici in tutto il Paese, mentre le soglie di povertà usate dall’Istat per stimare il numero dei poveri sono maggiori al Nord, riflettendo il maggiore livello medio dei prezzi.

In questo scenario è fondamentale chiarirsi su quali debbano essere i destinatari prioritari del sostegno previsto da una misura di reddito minimo. Si tratta, cioè, di mettere a fuoco bene il target della misura di contrasto alla povertà. Dal momento che ci muoviamo all’interno del perimetro stretto degli interventi contro la povertà, sarebbe opportuno assicurarsi che fossero in prima istanza raggiunti e coperti tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo quindi dai poveri assoluti. D’altra parte il sostegno al reddito è l’intervento più adatto per chi è povero assoluto, mentre per chi rischia di diventare indigente vi sono molte altre politiche di welfare pubblico che possono risultare più adatte. Le azioni da intraprendere per indirizzare al meglio la misura verso i poveri assoluti sono, per esempio:

  • fissare soglie di accesso basate sulla povertà assoluta e non sul rischio di povertà;
  • prevedere un requisito di anni di residenza che non penalizzi i poveri stranieri;
  • prevedere una scala di equivalenza che non penalizzi le famiglie numerose; introdurre compensazioni differenziate dei contributi per area a fronte di alcuni costi, ad esempio quelli per il riscaldamento o per l’affitto, che variano molto da area ad area (più alti al Nord, più bassi al Sud);
  • rendere il più possibile compatibile la percezione del contributo con i redditi da lavoro, in modo da non disincentivare la ricerca di un lavoro mentre si riceve la misura e favorire la compresenza di reddito da lavoro e misure di contrasto alla povertà presso la stessa famiglia (allo stato attuale, invece, il RdC si riduce molto velocemente quando il reddito da lavoro aumenta, a partire dal primo euro di reddito guadagnato sul mercato: sarebbe opportuno ridurre questo disincentivo al lavoro, trasformando la misura di reddito minimo da strumento che disincentiva il lavoro a sussidio che invece lo incentiva).”

Vista la ricchezza dei contenuti del Rapporto, è opportuno effettuare ulteriori analisi del Rapporto Caritas, dei dati in esso contenuti e delle azioni proposte. Seguiranno quindi nuovi articoli su questo argomento.

Maurizio
Molto importante lo studio proposto, che sarebbe interessante approfondire oltre all’impatto della povertà su base etnica, anche nella tipologia lavorativa(dipe ndenti/autonomi/tipologia contrattuale/settore di appartenenza), in quanto la pandemia COVID-19 e l’attuale conflitto Russo/Ucraino, hanno avuto impatti socio-economici molto differenti tra i lavoratori e le lavoratrici.

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