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Qual è il modo più efficace per fermare una barca? Bruciarla? Affondarla, probabilmente. Oppure, un aeroplano. O un uomo, o un sondaggista. Per tutti c’è un modo. Macchine e singoli possono sempre essere bloccati così o cosà. Ma un’idea. Un bisogno sociale. Un moto collettivo. Come si fermano? Semplice. Mettendo le persone l’una contro l’altra, animandole con ignoranza e disinformazione. Senza coscienza non c’è progresso.

Il testamento biologico è uno di quegli argomenti nei quali la tecnica della confusione collettiva ha sortito i migliori effetti.

Mischiandolo malamente con l’eutanasia, in Italia si è sempre riusciti a impedire un dibattito a riguardo. Il che funziona finché qualcuno non alza la testa e spacca il velo di omertà che permette un simile sistema. In questo paese, a dire no furono Piergiorgio Welby e Beppino Englaro. Il primo lottò per l’affermazione della propria volontà; il secondo, per amore di sua figlia, lotto per affermare che la volontà del singolo debba essere rispettata anche nel caso in cui questo non possa esprimersi. Entrambi hanno faticosamente vinto le loro battaglie. Il secondo ancora racconta la propria, continuando una lotta che è iniziata, ormai, più di 18 anni fa.

Il 15 aprile è a Monza, al Binario7, su invito di Paolo Piffer e di Cambiamonza.

Una serata fatta di esperienza e buona cultura, per raccontare e sfatare controproducenti luoghi comuni. Presenti, oltre a Englaro, anche Marco Cappato, in  comune a Milano, e Tiziana Fraterrigo, dottoressa di Medicina interna e d’urgenza a Carate e Vimercate. Apre il consigliere di casa presentando il tema e la propria mozione a riguardo. Chiarire subito cosa siano testamento biologico e relativo registro è fondamentale. La lunga lista di articoli della Costituzione, della Carta dei Diritti fondamentali della UE e del Codice di Deontologia medica fanno intuire subito una prima cosa: testamento biologico è libertà di scelta. E quindi la possibilità di stenderlo e depositarlo è un diritto umano.

L’intervento più tecnico è quello di Marco Cappato, che spiega come funziona il registro meneghino e mette l’accento su diversi punti. Tra i quali due davvero fondamentali. Primo: l’azione dei Comuni rappresenta l’interpretazione di un bisogno sociale che può (e deve) arrivare al Parlamento. Secondo: una legge sul testamento biologico non sarebbe una scelta “confessionale” dello Stato, bensì la scelta tra liberalità e illiberalità dello stesso. Pur sempre solo una scelta.

Interviene quindi la dottoressa Freterrigo e lascia spazio alle emozioni. Il suo racconto di figlia è assolutamente toccante e lascia senza parole. Un medico avrebbe potuto portare un’infinità di dati, di tecnicismi. Ma l’amore per qualcuno, l’amore forte, vale quando narrato più di qualsiasi nozione. Un’esperienza, in casi come questi, vale ben più di mille parole.

Dopo gli applausi interviene Beppino Englaro, che ricorda la storia più nota all’opinione pubblica: la battaglia per Eluana. Si sentono molte voci riguardo    quest’uomo. Mostro. Assassino. Boia. Vedendolo parlare è però facile intuire che sono tutte infondate. Ciò che traspare dalle sue frasi è solo l’amore per sua figlia. Oltre che alla morte, si è ormai disabituati anche all’amore. Così chi lotta perché i propri cari non siano prigionieri di una volontà altrui passa per criminale. È una società balorda, si capisce facilmente perché ha tenuto una ragazza prigioniera 18 anni.

Passato un attimo di silenzio esplode il dibattito, tanto che la platea viene letteralmente “cacciata” dagli impiegati del teatro. Platea che potrà comunque riproporre i propri dubbi, così come ogni cittadino. Il 15 aprile, infatti, è solo un inizio. Rispettate le aspettative della vigilia bisogna continuare a combattere con i gazebo, con internet, perché la città sia sensibilizzata e diventi pronta a svolte di questo genere. In fondo il testamentobiologico ha un senso importantissimo, come ben sottolinea Cappato: dare a ciascuno la possibilità di fare la scelta opportuna per se stesso, perché nessuno scelga per gli altri. Frase che è eco di una certa idea    di fondo che già Rousseau, Voltaire o Kant professavano. La libertà dell’individuo. E dopo circa tre secoli il dilemma è sempre lo stesso: che Stato è questo?

Liberale o illiberale?

Ed esattamente come tre secoli fa, la risposta non è cambiata: è solo questione di scelte.

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