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profughiRiceviamo e pubblichiamo la lettera che Guido Pietrogrande, un nostro segretario di circolo, ha scritto e che intende spedire al Ministero dell'Interno.

Al signor Ministro degli Interni

Piazza del Viminale, 1 - Roma 00184

Le scrivo questa lettera aperta dopo aver letto dei fatti che stanno avvenendo al CARA di Castelnuovo, e in particolare di un suo commento a giustificazione della decisione di chiudere il centro, in cui ha affermato di ritenere di agire “come un buon padre di famiglia”, per far risparmiare i soldi degli italiani.

Sono padre da poche settimane, e questo riferimento mi ha sconvolto.
Lei parla del destino di più di 500 persone come se stesse parlando della sostituzione delle lampadine a incandescenza con dei nuovi LED a risparmio energetico.

Il CARA ospita persone, PERSONE!

I CARA sono centri sono gestiti dal Viminale, sotto la sua responsabilità, e il suo ufficio ha l’autorità di decidere sulla gestione operativa. Non discuto quindi che lei abbia l’autorità di decidere per una organizzazione differente e quindi sugli spostamenti da una struttura ad un'altra, purché adeguata, ma questi atti vanno disposti e attuati avendo a mente che coinvolgono esseri umani.

Quale estrema necessità le impone di eseguire questa chiusura ora? a gennaio, in pieno inverno, in mezzo all’anno scolastico, interrompendo per alcuni ragazzi la frequenza a scuola, per altri il proseguimento di progetti di integrazione? tagliando posti di lavoro, escludendo dall’assistenza persone in possesso di un titolo per stare nel nostro Paese, lasciandole in mezzo ad una strada condannandole al rischio di diventare clandestine?

È vero che sono stati separati nuclei familiari? È vero che i primi migranti ad essere trasferiti non sapevano quale fosse la loro destinazione? Le sembra un trattamento umano? Degno di un paese civile?

Di questo Lei deve rispondere!

Io sono un cittadino qualsiasi, e sono per questo il suo datore di lavoro, lei è un mio servitore ed ha giurato di adempiere al suo ufficio con disciplina e onore. Questo onore le impone di far predisporre con cura e rispetto, non con violenza e prevaricazione, gli atti in cui la forza dello Stato dispone della vita delle persone.

Io domattina andrò a comprare un francobollo ed una busta, e spedirò questa lettera all’indirizzo del Viminale trovato su Google. Chiederò ad amici e conoscenti, colleghi e familiari, se condividono il mio stato d’animo, di fare lo stesso, firmando e scrivendo il proprio indirizzo come mittente, non perché io sia fermo al ‘900 nell’epoca degli Smartphones, ma perché credo di essermi abituati alla poca fatica di far girare un messaggio di critica o di plauso tra i miei contatti social, al sicuro del Wi-Fi, verso gente che la pensa come me.

È invece direttamente a lei che devo chiedere conto di questo operato meschino.

Mi auguro che questa corrispondenza sommerga l’ufficio preposto, e che infine le arrivino queste righe, e che possa riflettere, e spero di avere risposta.

Guido Pietrogrande

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