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Come uomini e donne di sinistra, ma soprattutto come lavoratori che da anni conoscono le dinamiche del lavoro e dell’occupazione, sappiamo bene che    l’abolizione dell’articolo 18 è da sempre una battaglia ideologica della destra e del liberismo. Come responsabile delle politiche del Lavoro della Segreteria provinciale del PD sono molto preoccupato per come si stanno mettendo le cose.

Voglio farvi un esempio che credo chiarisca oggettivamente la mia posizione rispetto all’art.18. In questi mesi nelle fabbriche italiane si stanno svolgendo dei corsi “obbligatori” sulle regole e sul conseguente rispetto delle normative del DDL 81 in materia. DDL che nasce dalle indicazioni dell’UE del 2008 che è poi sfociato in questo “Accordo Stato regioni in materia di sicurezza e salute sul lavoro”.

Questa norma, che tocca tutti gli ambiti del mondo del lavoro, dalle fabbriche alle scuole, dagli uffici alle miniere, prevede tutta una serie di osservanze che sia le aziende sia i lavoratori devono rispettare e dove sono previste sanzioni penali ed economiche in caso di mancata applicazione.

Perché cito questa norma parlando di art. 18 ? Perché in questo DDL emesso dal governo vi è un passaggio molto interessante sul ruolo dei lavoratori in funzione di “valutazione dei rischi”. Prendiamo ad esempio un saldatore che durante il normale svolgimento della sua mansione si infortuna in maniera tale da non potere più svolgere questa mansione in futuro. La legge dice che il lavoratore va ricollocato in altra area dell’azienda dove può    svolgere un’altra attività idonea al suo nuovo status di salute.

E’ chiarissimo che con l’Art.18 in vigore l’azienda è costretta a ricollocare il lavoratore. Togliamo la tutela e l’azienda potrebbe ragionare dicendo: “Io    ho bisogno di un saldatore, questa persona oggi non mi serve più perché non trovo dove ricollocarla!”.....  Cosa succede? Il Lavoratore che si è infortunato facendo il proprio dovere viene licenziato con una mancia di grazie e arrivederci !

Questo è solo uno dei molteplici casi dove da una parte la legge ti tutela come cittadino e come lavoratore e da un’altra parte esiste una legge che cassa questi articoli. Chi ci rimette è sempre il lavoratore e il cittadino.

Qualcuno dirà: “L’Azienda che colpa ne ha se, dopo aver fornito al lavoratore tutte le sicurezze e dei DPI appropriati, il lavoratore si fa male e mi resta sul “groppone” ? Anch’ io la penso così. Allora, più che abolire le tutele esistenti, a mio parere il governo in carica e il nostro partito si dovrebbero occupare di ampliare le tutele e di essere assolutamente severi nei confronti dei “licenziamenti per giusta causa”.

Nel caso che vi evidenziavo io ci dovremmo occupare, a fronte di una denuncia per infortunio che sancisce che questo lavoratore non può più fornire la    prestazione per cui l’azienda lo ho assunto, di intervenire con un sgravio fiscale ai fini di far mantenere a questo lavoratore un posto alternativo in azienda e, per quanto concerne l’altro passaggio sui licenziamenti per giusta causa, non è più possibile assistere a reintegri di personaggi trovati addirittura a rubare in flagrante.

Quindi più tutele, più aiuto alle aziende per i casi come quello indicato, e assoluta richiesta di osservanza dei contratti dove sono ben specificate le motivazioni di licenziamento.

Qui non si tratta di sinistra PD o essere legati a vecchie logiche, a mio parere si tratta di osservare le cose come debbono essere. I proclami di Alfano che inneggiano all’abolizione dell’Art.18 come la panacea a tutti i mali, credo siano da respingere al mittente perché non si crea occupazione togliendo i diritti. Abbiamo bisogno di riformare il mondo del lavoro partendo dalle innumerevoli tipologie di contratto esistenti e riducendo la pressione fiscale, sburocratizzando il sistema e la certezza della pena.

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